RISARCIMENTO DEL DANNO DA FUMO

Nel nostro ordinamento giuridico esiste una qualche tutela per le vittime del fumo? Con il termine “vittima” non mi riferisco soltanto ai fumatori che hanno contratto malattie causate dalle sigarette, ma anche ai loro familiari e a tutti coloro che sono stati danneggiati dal c.d. fumo passivo.

I precedenti giurisprudenziali sono straordinariamente pochi: tre o quattro sentenze in materia di fumo attivo, mentre per il fumo passivo, per fortuna, vi è una maggiore tutela; diverse sono le decisioni, infatti, che hanno riconosciuto al lavoratore il risarcimento del danno alla salute causato dal fumo dei colleghi sul posto di lavoro.

Perché se il fumo delle sigarette è la causa numero uno dei casi di cancro al polmone è così difficile ottenere un risarcimento?

In Italia, infatti, forse l'unico caso di risarcimento dei danni causati dal fumo attivo è quello deciso dalla sentenza della Corte d'appello di Roma nel 2005. Questa pronuncia è di cruciale importanza perché ha superato, per la prima volta in giurisprudenza, la granitica convinzione che aveva visto rigettare le richieste risarcitorie precedenti, perché il fumo non era considerato nocivo. Nocivo era considerato l'abuso, l'uso smodato della sigaretta.

Questa sentenza purtroppo è rimasta isolata. Altri Tribunali hanno successivamente negato il diritto al risarcimento del danno causato dal fumo attivo delle sigarette, ritenendo che la circostanza che il fumo nuoccia alla salute e possa provocare malattie mortali sia nota a tutti da decenni.

Secondo questa impostazione vendere un prodotto cancerogeno ai consumatori, un prodotto contenente una sostanza, la nicotina usata anche come insetticida e topicida, è lecito: chi fuma, infatti, sa perfettamente di farsi del male e di conseguenza vale l'antico proverbio “chi è causa del suo mal pianga sé stesso!”

Affrontando il problema, invece, da un punto di vista scientifico, possiamo leggere nella quarta edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (1994), il più autorevole e famoso Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (la Bibbia della Psichiatria), che il tabagismo è considerato una vera e propria dipendenza da sostanze e che, in particolare, la dipendenza e la astinenza da Nicotina sono classificate come un disturbo psichico.

La realtà, allora, è che la scelta di iniziare e continuare a fumare non è poi così libera. Il fumo innanzitutto è sponsorizzato in maniera occulta o indiretta nei film, in tv, in eventi sportivi di grande importanza come la Formula 1. Chi inizia a fumare, poi, è quasi sempre un adolescente. Secondo un'indagine ISTAT del 2001 “Aspetti della vita quotidiana, Stili di vita e Salute. Il Fumo” la fase di contatto con il fumo riguarda il 50% dei quattordicenni, quando - giuridicamente parlando - si è incapaci di intendere e volere.

Le informazioni riportate sui pacchetti di sigarette, d'altra parte, sono misure del tutto inefficaci a contrastare il fumo dei giovani oggi, che saranno i fumatori di domani. Secondo uno studio condotto da DiFranza (Development and Assessment of Nicotine Dependance, 2002) gli adolescenti, anche con un consumo molto basso di sigarette, diventano precocemente dipendenti dalla nicotina.

Concludendo, l'attività di produzione e commercio delle sigarette, per quanto attualmente lecita, è da reputarsi certamente pericolosa. Nel codice civile, chi nello svolgimento di un'attività pericolosa cagiona un danno, è tenuto al risarcimento di tutti i danni derivanti da tale attività, salvo che non provi di avere adottato tutte le misure idonee ad evitarli (art. 2050 c.c.).

L'applicazione di questa norma giuridica anche al fumo attivo consentirebbe ai danneggiati di ottenere un risarcimento per il danno alla salute subito. Per far ciò, tuttavia, è necessario prendere atto delle conclusioni alle quali sono giunti gli studi scientifici in materia e superare la falsa credenza della autonomia e della libertà decisionale del fumatore.